venerdì 6 marzo 2009

L'antimafia parte dall'informazione......ed anche dalla satira

Qui troverete molti siti informativi sulla mafia perchè .....

Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri.”

e per primi elencheremo siti fatti dai giovani per i giovani....
p.s....accanto metteremo anche l'indirizzo per il gruppo facebook ( date il vostro appoggio in cambio riceverete notizie molto interessanti!)

IL GRILLO DI PALERMO: forum di discussione giovanile con Blog collegato
......anche su facebook

FASCIO E MARTELLO: l'informazione giovane sulla mafia perchè un po' di sfotto ci sta sempre bene.Su facebook

RADIOMAFIOPOLI: sulla scia di Peppino Impastato....bello prenedere in giro la mafia con l'attore Giulio Cavalli. Su facebook

Telejato: Tv comunitaria di partinico per unire il serio al profano e qui si fanno tutti i nomi ed i cognomi dei cattivi. Su facebook

SITI DI INFORMAZIONE SULLA MAFIA

Blog Salvatore Borsellino : http://www.19luglio1992.com/
Blog di Benny Calasanzio: http://bennycalasanzio.blogspot.com/
Blog Pino Masciari: http://www.pinomasciari.org/
Pietro Orsatti : http://www.orsatti.info/ appunti per un racconto sociale
La voce di fiore : http://www.lavocedifiore.org/SPIP/
Antimafiaduemila : http://www.antimafiaduemila.com/
Casa della legalità: http://www.casadellalegalita.org/index.php
Raccolta blog e siti Casa delle legalità

lunedì 23 febbraio 2009

La borsa di Paolo Borsellino va a prendere il caffè

di Gaetano Montalbano

pubblicata dal blog Ribera Online

Vi ripropongo un post del 4 aprile 2008:

"Come vedete nella foto la borsa di cuoio del giudice Borsellino va in giro da sola tra le macerie di Via D'Amelio. Probabilmente andava a bere un caffè per riprendersi dallo spavento. Sappiamo che successivamente è ritornata, sempre da sola, al proprio posto sull'auto esplosa per i rilievi ufficiali. Secondo la giustizia italiana, infatti, le borse di cuoio dei giudici fatti saltare in aria dai traditori dello Stato godono di vita autonoma. La borsa di Borsellino, in particolare, riusciva ad aprirsi da sola ed i singoli oggetti presenti all'interno avevano la capacità di uscire fuori. Secondo alcune testimonianze attendibili, il giorno della strage una Agenda Rossa, nella quale Paolo Borsellino annotava particolari riservatissimi delle indagini, saltò fuori e preso un aereo si dileguò per il mondo. In Italia esiste gente strana che non credendo a questa verità assoluta voleva processare un tizio che si trovava accanto alla borsa. Sostenevano che fosse stato lui a prenderla e quindi a far sparire l'importantissima agenda. Come si vede chiaramente dalla foto questa è una bugia: la borsa cammina da sola. Il tizio è stato (giustamente) assolto. La sentenza sarà pubblicata dalle migliori riviste scientifiche.

lunedì 16 febbraio 2009

E se fosse l'alba di un nuovo giorno?

Per ingrandire le immagini basta cliccarle




































lunedì 26 gennaio 2009

Pizzini della legalità. Come posso fare di mio figlio un vero uomo d'onore?




Pizzini della legalità



COME POSSO FARE DI MIO FIGLIO

UN VERO UOMO D'ONORE?





di

Augusto Cavadi




Coppola Editore

Trapani 2008
Mezzosopra 14 maggio 2008

Caro don Totò,

come c'è scritto sull'Ape di mio cugino Angelino, "Dio solo è grande. Ma lo zio Totò neppure scherza". E' per questo che - più brava a parlare con Dio che ad ascoltarlo - preferisco chiedere a Vossignoria qualche saggio consiglio su una questione che mi angustia molto.
Come ricorderà, ho due figliuoli. Per grazia del Signore, tutti e due maschi. Il primo è venuto su che è una meraviglia: alto, robusto, forte, coraggioso e paziente. Insomma, tutto la buonanima di suo padre, don Ciccio detto Arcangelo Michele per la sua incredibile capacità di far trovare gli oggetti smarriti, soprattutto se rubati. Il secondo, Carmelino, invece, mi dà pensieri a non finire. E dire che avevamo cominciato col piede giusto...
Alla nascita, quando abbiamo constatato che era proprio maschio come ci avevano detto quando mi avevano fatto i raggi, urla di esultanza con doveroso bacio del pisellino da parte di parenti ed amici in visita di rallegramenti.
Al battesimo - sedici anni fa, ma lo ricorderà, caro don Totò, come fosse la settimana scorsa - abbiamo avuto l'onore di dargli per padrino e per madrina Lei e la Sua gentilissima Signora Concetta (che prego di salutarmi caramente). Vero è che al processo, due mesi prima di passare a miglior vita, la buonanima di mio marito dichiarò che non vi avevamo scelto appositamente perché a quel tempo Lei risultava ufficialmente latitante; che avevamo pregato il maresciallo dei carabinieri e la sua consorte con cui ci eravamo recati alla Madrice in pompa magna; che avevamo cambiato idea, così su due piedi, perché ci eravamo incontrati con Vossignoria, del tutto per caso, alla dieci minuti prima della funzione, ricevendo una proposta a cui non ci eravamo sentiti di dire no in nome della vecchia amicizia: ma era una dichiarazione del tutto inventata - una minchiata la definì poeticamente l'avvocato di parte civile - e, come tale, fu infatti bollata dai giudici.
Poi mandammo il pupo all'asilo dalle suore: non dalle "Sorelle dell' Esodo avventuroso", quelle con i capelli sciolti al vento e la chitarra al collo, che sembrano animatrici di villaggi turistici e non ci hanno mai dato affidamento, ma dalle "Piissime Serve del sangue sgorgato dalla costola destra del Figlio flagellato e crocifisso", quelle coperte dalla fronte alle dita dei piedi che devono essere più timorate di Dio delle stesse immigrate musulmane che s'incontrano per strada con la testa fasciata. E là non fummo deluse: invece dei soliti catechismi colorati, tutte figure e figurine, dai titoli d'osteria ("C'è sempre qualcuno che paga per tutti") o di luoghi ancor meno nominabili ("Le gioie dell'amore senza limiti"), adottarono un catechismo solido solido scritto personalmente da un papa già santo (Pio IX o X, non ricordo bene): sa di quei catechismi che non si trovano ormai in nessuna libreria delle Paoline e che bisogna ordinare e fare ristampare apposta dall'editore "Piangenti e raggianti"... Insomma, quei bei catechismi di una volta con la domanda chiara e netta (del genere: "Che cosa ci insegna il quarto comandamento dettato sillaba per sillaba da Dio onnipotente a Mosé sul monte Sinai alle 9 e venti del 2345 avanti Cristo ?") e la risposta ancora più chiara e più netta (del genere: "Il quarto comandamento dettato sillaba per sillaba da Dio onnipotente a Mosè sul monte Sinai alle 9 e venti del 2345 avanti Cristo ci insegna ad onorare il padre e la madre in qualsiasi luogo, tempo e circostanza, obbedendo ciecamente a ogni ordine proveniente dalla loro bocca, anzi prevenendolo. Sia che si tratti di padre e madre naturali sia che si tratti di padre spirituale e di madre badessa sia che si tratti di padrini e madrine di battesimo o di cresima").
Dopo le scuole elementari dalle Piisime Serve etc. etc., abbiamo iscritto Carmelino dai Padri Salesiani per fargli frequentare dalla prima media all'ultimo anno di liceo scientifico. Veramente c'era qualche difficoltà perché le classi erano già al completo, ma la buonanima di mio marito - e fu questo l'ultimo regalo che fece con tanto amore alla sua famiglia, intendo alla sua famiglia piccola, prima di cadere sotto il piombo di mano ignota - parlò all'usciere del Sindaco che parlò al segretario del Presidente della Regione che parlò al Primario dell'Ospedale civico che parlò al Provinciale dei Gesuiti che parlò al Guardiano dei Cappuccini delle catacombe di via Cipressi che parlò con so più chi e che, insomma, alla fine, parlò col Direttore dei Salesiani che si dichiarò felice - data la rinomanza del cognome - di fare uno strappo alla regola e di accettare, in soprannumero, il nostro ragazzino.
Ma, caro don Totò, questi e altri innumerevoli accorgimenti (mio marito - Dio l'abbia in gloria e gli dia la pace che non trovò in terra pur avendola distribuita generosamente a tanti suoi amici in lite - lo aveva anche portato con sé a caccia di leprotti e di quaglie in modo che imparasse a familiarizzare con le armi e con il sangue: lui però s'impressionò a tal punto da diventare vegetariano) non sembrano dare i frutti sperati. Forse per il grave lutto familiare o forse per il cattivo esempio di qualche compagno o di qualche insegnante, sta di fatto che a sedici anni Carmelino non dà segni di maturità. Non sembra un picciotto d'onore, anzi neppure un picciriddu d'onore. Non che arrivi a pagare il biglietto del bus quando la mattina va a scuola (lo aveva fatto uno dei primi giorni, a settembre scorso, ma i compagni - giustamente - lo hanno talmente deriso che gli è passata la voglia di fare l'esibizionista) o che paghi la tassa di circolazione per il suo motorino (visto che non c'è l'obbligo di esporre il tagliando come nelle auto), ma ci sono molte - troppe - cose che non vanno.
Innanzitutto da un po' di mesi gli piace leggere. Legge non soltanto manuali e testi scolastici (questo lo capirei: un titolo di studio minimo oggi ci vuole anche per fare l'autista alla Regione siciliana, pensa se uno vuole diventare - come sarebbe nei desideri di famiglia - avvocato o notaio), ma anche romanzi, scritti di psicologia e persino di filosofia. Insomma legge anche libri che non è obbligatorio leggere, che fanno solo perdere tempo e distrarre dalle cose importanti della vita.
Non contento di leggere, Carmelino addirittura ama pensare. Sino a quando aveva nove o dieci anni lo si poteva capire con quella serie di perché e come mai. E' l'età in cui non ci si accontenta di ciò che si è sempre dato per ovvio. Ma è normale continuare così anche a quindici o sedici anni? Non c'è il pericolo di mettere in discussione quello che si è sempre ritenuto vero dalla maggior parte della gente? Non si rischia di diventare pazzi a chiedersi se la morale tradizionale proibisce davvero ciò che è ingiusto e prescrive davvero ciò che è sbagliato? Di questo passo, dove si potrà arrivare? A dubitare dei valori più sacri, dalla centralità della Famiglia come bene supremo da salvaguardare contro gay e conviventi all'onore della Patria da difendere contro i comunisti interni e contro i musulmani dei Paesi canaglia?
Da un figlio che legge e pure pensa c'è da aspettarsi tutto il peggio possibile. Immaginarsi se gli piace perfino scrivere. Ha cominciato con il giornaletto di scuola - dove si diverte a prendere in giro compagni e professori - ma ora si è messo in testa che vuole scrivere anche sul quotidiano che suo nonno porta a casa la sera dal Circolo dei civili. Ma perché non si accontenta dei videogiochi nella play- station e, se proprio vuole socializzare, di qualche scommessa alle corse clandestine di cavalli o alle lotte tra cani? Certo: per ora più di qualche lettera la direttore non gli possono pubblicare, ma che ne sappiamo noi se tra qualche anno passa ad articoli più lunghi? Che ne sappiamo se si espone alla discussione in pubblico delle sue idee, dimenticando che il segreto del successo della nostra famiglia è sempre stato nella fedeltà al detto "la meglio parola è quella che non si dice"? Come possiamo escludere che si capisca da che parte sta, impedendo a sé e ai familiari di schierarsi di volta in volta coi partiti più votati?
Come Le scrivevo sopra, caro don Totò, questo ritardo mentale di Carmelino, che ancora non mostra di concentrarsi sulle due cose che veramente contano in questa valle di lacrime - farsi rispettare anche dai più potenti e avere abbastanza soldi da comprare gli avversari che non si riesce a piegare in altro modo - , non so bene come spiegarmelo. Qui a casa tutti noi, compresa la buonanima di suo padre sino a che fu in vita, abbiamo fatto del nostro meglio. Temo che possa entrarci la cattiva influenza da parte o di qualche coetaneo o di qualche insegnante.
In particolare sospetto di una ragazzina della stessa classe e del professore di ginnastica. Lei, Marilena, è di quelle che camminano o con i jeans attillati o con la minigonna (purché, in un modo o nell'altro, le si noti il fondo schiena), che non sanno mai stare al proprio posto e che, soprattutto, devono mettere lingua su tutto (d'altronde è figlia di divorziati e, come dice il nostro bravo parroco, che ci si può aspettare da genitori divorziati se non drogati e buttanelle?). Pensi che tre settimane fa, in classe, mentre si discuteva di televisione e tutti - compresa la professoressa di lettere che è una buona mamma di famiglia, sposata con un medico dell'Asl, consigliere provinciale dell'Udc per giunta - cantavano le lodi del "Grande fratello" e della "Allegra cugina", la sgualdrinella ha gelato l'entusiasmo con due o tre parole: "Questi programmi sono stupidi e rendono stupidi chi li segue". La cosa ha colpito tanto quell'altro fessacchiotto di Carmelino che è tornato a casa, ci ha raccontato la discussione in classe e ha commentato, come sua conclusione, che se fin da piccolo avesse dedicato le ore sprecate con quella robaccia televisiva ad ascoltare un po' di musica classica o a sfogliare qualche riproduzione di quadri artistici, oggi non farebbe scena muta ogni qual volta gli capita - all'uscita da scuola - di fare strada insieme alla puttanella di Marilena.
Come se ciò non bastasse, ho il sospetto che anche il professore di educazione fisica ci metta lo zampino. Non ricordo il cognome - mi pare Stancanelli - ma è un tipo magro, ossuto, piuttosto alto. Forse uno dei pochissimi che si fa trovare in orario in palestra, fa lavorare effettivamente gli alunni, evita di perdere e di fare perdere tempo prezioso. Anche per questo parla poco. Ma, quando parla, fa danno. Come due mesi fa quando Carlo e Beppe, i due saputelli della classe, mentre facevano flessioni , stavano quasi per litigare discutendo se il fascismo fosse morto per sempre (come pensava Carlo) o se potesse rinascere in forme ancora più feroci (come pensava Beppe). A un certo punto Carlo ha l'idea balzana di fermarsi e di rivolgersi direttamente al professore che continuava zitto zitto a fare le sue flessioni dimostrative: "Ma Lei che ne pensa?". Quel cretino, a quanto poi mi ha raccontato tutto ammirato lo scemotto di mio figlio, invece di farsi i fatti propri, s'è lasciato scappare una delle solite sue frasi che non stanno né in cielo né in terra: "Non può rinascere perché non è mai morto. Il fascismo attuale si chiama mafia".
Mariolina e Stancanelli - o come cavolo si chiama - sono solo due esempi, quasi a caso, che spero rendano bene la gravità delle mie preoccupazioni. Secondo Lei, caro don Totò, cosa posso fare per essere sicura che Carmelino non imbocchi brutte strade e cresca come un vero uomo d'onore? Mi rivolgo a Lei con fiducia totale. Non solo perché di don Totò ne nasce uno per ogni generazione, ma perché ha già dato prova di sapere educare perfettamente i suoi figliuoli, sia i due maschi Nino e Benedetto che la femminuccia Rosalia (di quattordici anni, se non erro). Tutti sanno che, pur non avendo più di sessant'anni in tre, hanno saggezza da vendere anche ai più anziani del paesino: che Lei può andare e tornare dall'America tranquillo e che, perfino se dovesse capitarLe (Dio non voglia!) qualche imprevisto, i suoi ragazzi sarebbero già in grado di afferrare le redini del comando e di mantenerle saldamente. Anzi, sa che mi sta venendo in mente proprio mentre Le scrivo? Che forse, per un primo passo nell'educazione del mio Carmelino, si potrebbe farlo entrare nella comitiva dei Suoi figliuoli. Non c'è niente di più efficace - credo - del buon esempio dei coetanei. E poi non si sa mai: frequentandosi, Carmelino potrebbe innamorarsi della Sua brava Rosalia e - se così piacerà a loro e a Voi tutti - anche sposarla. Se diventa genero Suo, e dunque cognato di due bravi giovani come Nino e Benedetto, non dovrebbe finalmente svegliarsi anche lui?
Mi scusi se, con tanti pensieri che ha in testa, l'ho importunata con questo pizzino. Ho voluto confidarLe le angosce di una povera vedova, sperando in una risposta con tutto il Suo comodo. Ma se non mi dovesse rispondere, capirei lo stesso: sempre chiacchiere di femmina sono.

Agata B.
(vedova di Pino T. detto Arcangelo Michele)

domenica 25 gennaio 2009

Terza lezione del corso di Disinformazione

EUFEMISMI E TECNICISMI
Utilizzati per banalizzare , ammorbidire e dare meno importanza ad un argomento che alla fine risulta svuotato del suo contenuto e significato.
Es: per minimizzare una guerra un certo armamento diventa un prodotto di alta tecnologia ed i morti civili sono "Danni collaterali"."Forze dell'ordine" invece di forze di polizia ," intervento aereo" invece di attacco, bombardamento o invasione, "maltrattamenti o violenza domestica" invece di aggressione sessuale.
In altri casi invece l'uso di un linguaggio tecnico , come il gergo giuridico, amministrativo o scientifico complica, quando non impedisce , alla maggior parte dei lettori di comprendere appieno il significato di certe notizie.
Allo stesso tempo mediante l'utilizzo di termini tecnici-specializzati si pretende di dare autorità e oggettività alla notizia , appoggiandosi sul carattere di indiscutibilità che viene attribuito a tutte le cose scientifiche.

ESPRESSIONI ORIENTATE
Sono "frasi fatte " che tendono a ripetersi nel linguaggio giornalistico utilizzate per orientare in un certo senso una descrizione apparentemente oggettiva.
Es: per giustificare le cariche della polizia si suole usare le seguenti espressioni: "La polizia si vide obbligata a caricare" o "Provocarono la carica della polizia" scaricando la responsabilità della violenza a coloro che si prendono le botte.
Se invece non si verificano cariche i giornali scrivono " Non ci sono stati incidenti". La formula non è del tutto innocente perchè sembra indicare che la cosa è un eccezzione conferendo un'immagine violenta a certi gruppi o collettivi.
Es con l'espressione "Fonti bene informate " si vuole dare credibilità ad informazioni ottenute da fonti inconfessabili, sospettose, o addirittura informazioni inventate.
Non dimentichiamo poi che LO STATO HA IL MONOPOLIO DELLA VIOLENZA, contando migliaia di persone allenate e pagate per esercitarla sotto eufemismi come "Difesa" o " Sicurezza".
I celerini sono pagati tanto per controllare violentemente come per provocare violenza ; i soldati per risolvere violentemente i conflitti internazionali a favore di interessi economici o di potere.

STILI NARRATIVI
Per scrivere certe notizie si utilizzano spesso diversi stili narrativi ( epico, lirico, satirico, pubblicitario), cercando così di ottenere consenso o rifiuto verso alcuni fatti che se non fossero narrati in questa maniera potrebbero suscitare nel lettore impressioni non convenienti .

E qui mi fermo un bel po' perchè è importantissimo.
Nella definizione si parla di impressioni non convenienti ma si potrebbe benissimo dire SCHIFO ED INDIGNAZIONE!!!

Ed è questo che susciterebbe nello spettatore la rappresentazione cinematografica della vita di boss della mafia: una lunga lista di sentenze di morte a persone la cui unica colpa è stata quella di provare a cambiare le cose.
Peccato che la Tv ci tiene ai suoi spettatori ed ecco che li romanza, li fa diventare degli eroi contradditori che uccidevano si , però per rispetto del loro codice: come nella fiction "Il capo dei capi"

Naturalmente queste critiche erano già state fatte al canale che ha trasmesso il programma cioè Mediset ed ecco la loro risposta:
"La cronaca e la storia, per quanto scomode, non si possono ignorare. Il capo dei capi, come tutti quelli in precedenza mandati in onda su pagine drammatiche della vita del Paese, non fa altro che ricostruire fatti di cronaca col massimo rigore. L'importante è raccontare i fatti in maniera accurata e attendibile".
Peccato che un blogger della rete si pone una domanda : chi è Biagio Schirò?
Riporto solo la parte che interessa a noi
"L’ispettore Biagio Schirò, impersonato dall’iperaffascinante Daniele Liotti, non è mai esistito: mettiamoci l’anima in pace. Nella combriccola di un adolescente Totò Riina che muoveva i primi passi di piombo nel mondo della malavita organizzata non vi fu alcun “fuoruscito”.
In quel gruppetto non vi fu alcuno che decise di passare dalla parte della legge voltando le spalle agli amici : gli amici di Totò Riina avevano a suo tempo nomi pressocchè sconosciuti, ma diventati di grande peso negli anni. Quei nomi erano quelli di Luciano Liggio, più che un amico un mentore a dire il vero ed ex braccio destro di Michele Navarra, di Bernardo Provenzano e di Leoluca Bagarella.
Nessun Biagio Schirò. Nella fiction Riina invece patisce da parte di un amico tradimenti continui: sin dalla fuoruscita di Biagio dal gruppetto fino ai giorni precedenti la cattura dopo più di un ventennio di latitanza. Il grande capo, come si è visto nella fiction fin qui messa in onda, ha avuto diverse occasioni per sbarazzarsi dell’amico scomodo diventato sbirro e per giunta con il pallino di vederlo dietro le sbarre. Eppure non lo fa: nella puntata precedente gli assesta una badilata ed un paio di calcioni ma nulla di più.[...]
E li sono nati in me, urticanti, alcuni interrogativi. Perchè gli sceneggiatori hanno voluto umanizzare la figura di Totò Riina?
La scelta del boss di non uccidere Biagio, quando ne aveva avuto la possibilità, è un gesto di valore. Di altissimo valore umano, se si considera il contesto in cui una scelta del genere è maturata: in un ambiente in cui la vita altrui ha un valore vicino allo zero, specie quando rischia di intaccare e di indebolire gli equilibri e la sicurezza dell’organizzazione.
( qui tutto l'articolo)
Parlano del caso anche Celentano ed Irene Maugeri: ci sarebbe anche Mastella ma ve lo risparmio!

giovedì 22 gennaio 2009

Maniaci

Difficile. È forse questo il termine chiave attorno al quale ruota tutta la vicenda umana e professionale di Pino Maniaci. Perché da un lato c'è una Cosa nostra sempre più nervosa per i toni beffardi utilizzati dal minuto giornalista siciliano. Dall'altro c'è il cosiddetto fuoco amico, secondo cui Maniaci non ha alcuna patente per parlare di antimafia, essendo pregiudicato per una storia di emissione plurima di assegni a vuoto. “Ho già spiegato com'è andata questa vicenda – dice tra una telefonata al cellulare e l’altra, come se quel vecchio Nokia fosse diventato ormai un’estensione irrinunciabile del proprio orecchio – È una storia vecchia, alla fine ho pagato fino all'ultimo centesimo. Il punto è che questo fatto è stato tirato fuori da alcuni politici che vogliono farmela pagare per le mie inchieste e da certi giornalisti televisivi locali che per causa mia hanno perso il loro bacino di audience. E così cercano di screditare il mio lavoro, molto spesso inventando storie di sana pianta, come quando hanno detto che ero stato io a incendiare la macchina. Mi è stato consigliato da più parti di querelare queste persone. Ma io considero la querela un atto di prevaricazione ingiustificato. Tanto più che loro parlano soltanto per invidia. Avevo pure proposto loro di sostituirmi nella conduzione del telegiornale. Io ne avrei guadagnato in salute e loro avrebbero potuto finalmente mettere in pratica la loro antimafia delle parole. Naturalmente il mio invito è caduto nel vuoto. Quindi che la smettano di farmi le pulci e scendano invece in trincea a combattere concretamente il malaffare dei boss”.
Ma se il rapporto con la concorrenza diretta non è facile, di tutt'altro tono è quello con la stampa e le grandi televisioni. “A livello nazionale si sono interessati a noi le Iene, Uno Mattina e Sky. Nella mia regione sono in ottimi rapporti con Tgs, la tv del Giornale di Sicilia, e sono in stretto contatto con Rino Cascio, Rosa Ricciardi e Giuseppe Crapanzano del TgR”. Gli ultimi due, tra l’altro, sono stati ospiti del telegiornale di Telejato in occasione di “Siamo tutti Pino Maniaci”, iniziativa promossa qualche mese fa dall’associazione ‘Rita Atria’ (il nome è preso da una testimone di giustizia che si è tolta la vita all’età di 17 anni, una settimana dopo l’assassinio del giudice Paolo Borsellino, avvenuto il 19 luglio ’92 a Palermo). Ogni settimana Maniaci viene affiancato alla conduzione da personaggi di spicco del mondo del giornalismo, della giustizia, della politica e della società civile. “Col tempo la lista d’attesa si è fatta lunga”, spiega Maniaci, che vive ormai sotto la tutela delle forze dell’ordine. “Hanno aderito, tra gli altri, il fondatore di Libera don Luigi Ciotti, il presidente del Senato Renato Schifani, il senatore Beppe Lumia, i ragazzi del comitato di Addiopizzo”. Tutti insieme per portare concretamente un appoggio a Maniaci e non lasciarlo solo di fronte alle minacce dei boss. “Devo dire grazie a tutti quelli che vengono nei nostri studi per supportare quello che stiamo facendo. Questo perché nel sistema dell'informazione regionale Telejato ha un ruolo di primo piano, e tantissime notizie di cronaca passano prima da noi. Segno di un tasso di credibilità molto alto. Vuol dire che stiamo facendo bene”. Un dato confermato anche dal tipo di risposta che arriva dalla strada. “Per adesso si tratta di un sostegno sussurrato, tramite email, sms o pacche sulle spalle. Le persone temono per la propria incolumità, e non posso certo fargliene un torto. Mi piacerebbe però vedere da chi gestisce le leve del potere qualcosa di più di un semplice appoggio”.
Telejato è dunque un piccolo esempio di buon giornalismo italiano. Il nucleo principale è costituito dalla famiglia Maniaci. La moglie Patrizia Marchione, 43 anni, è la coordinatrice della redazione assieme a Pino. Poi c'è la figlia maggiore, Letizia, 23 anni, vincitrice nel 2005 del premio Maria Grazia Cutuli come miglior giornalista emergente. Si occupa delle riprese e della regia del tg. Ultimamente ha girato anche diversi servizi completi. Infine c'è l'altro figlio, Giovanni, 20 anni. “Lui è un po' più svogliato – dice sghignazzando il padre – ma quando c'è da portare una notizia non lo ferma nessuno. Pure Giovanni ha subito diverse intimidazioni”. Come conferma Reporter Senza Frontiere, secondo il quale l’intera famiglia Maniaci è tra gli obiettivi a rischio.
Assieme a una squadra di collaboratori esterni (tra i quali c’è quel Salvo Vitale collaboratore di Peppino Impastato, quasi si trattasse di un ideale passaggio di testimone), Telejato manda in onda ogni giorno alle 14 il proprio telegiornale, che col tempo è diventato un manifesto iconoclasta e strafottente nei confronti dei simboli del potere della criminalità organizzata. Due ore abbondanti di inchieste, cronaca locale e interviste. L’approccio non è di quelli che si direbbero ortodossi. La grafica utilizzata, tanto per dirne una, è una poderosa retromarcia tecnologica di un paio di decenni, con un uso delle dissolvenze che riporta alla mente i tempi edonistici di Ronald Regan e delle prime videocamere amatoriali. Così come la sigla di apertura, che sembra provenire dal nastro magnetico di qualche vecchia musicassetta sepolta nella polvere di un modernariato lasciato in disuso dalla voracità tecnologica della Storia.
E poi c’è lui, Maniaci. Davanti allo schermo è un misto tra un reporter d’assalto e un cabarettista satirico, complici quei baffoni castani che coprono i movimenti della bocca ma non il fluire delle parole. Una volta, per esempio, in durante un’inchiesta sui fumi provenienti da una distilleria di Partitico, ha vestito i panni di un novello Indiana Jones siculo per andare, armato di telecamera e microfono, “alla ricerca della puzza perduta”. Niente ironie, però, nonostante venga automatico sottolineare come un approccio simile alla notizia presti il fianco alle facili critiche di chi ha del giornalismo un’idea più convenzionale. Perché l’immagine di Maniaci che brandisce il filo del microfono come l’Harrison Ford dei tempi migliori ha un potere di sintesi che gode di grande appeal tra il pubblico di Telejato. Ed è l’elemento – lo sberleffo elevato al rango di inchiesta – che trova la propria dimensione migliore proprio nell’ampio spazio che il tg riserva ogni giorno alla cronaca mafiosa. E Maniaci ne ha davvero per tutti. “A Montelepre, cittadina in provincia di Palermo – dice – mio fratello fa l'assessore comunale. Il mio telegiornale se ne è occupato in varie occasioni. Una volta, per esempio, aveva aumentato ingiustificatamente il prezzo del pane, semplicemente perché gestiva un panificio. L'ho costretto, dopo il servizio che abbiamo messo in onda, a riabbassare il prezzo”.
Telejato ha assunto uno status così elevato a Partinico che in redazione è una continua staffetta di esponenti politici dell'attuale amministrazione comunale. Tutti a chiedere consigli a Maniaci sui provvedimenti da adottare e tutti sbeffeggiati in diretta tv se salta fuori qualche norma controversa. “Il punto – dice – è che ormai i miei confidenti principali sono i cittadini. Se brucia una macchina o succede qualcosa di strano la gente chiama me anziché le forze dell'ordine. E devo dire che nonostante l'esposizione mediatica le mie fonti non si sono lasciate intimorire”.
Non si vedono molti soldi nelle casse di questa emittente. “Noi siamo una tv comunitaria – spiega – Secondo la legge Mammì questo tipo di televisioni, che nascono in contrapposizione a quelle commerciali, si caratterizzano per l'assenza di scopi di lucro. In concreto, vuol dire che abbiamo il limite dei tre minuti di pubblicità l'ora. Ecco perché il telegiornale dura due ore, a volte anche due ore e mezzo. Con un lasso di tempo così ampio possiamo usufruire di due o tre fasce pubblicitarie, pari a circa sei minuti totali a puntata. Con gli introiti paghiamo la luce, il telefono, l'affitto e tutte quelle spese che ci permettono di trasmettere ogni giorno”.
Ma la mancanza di un guadagno consistente non lo preoccupa affatto. “Io vengo chiamato da tutta Italia per fare incontri con giornalisti, politici e studenti – dice – e lo faccio gratuitamente. Chiedo soltanto che mi venga pagato il biglietto aereo. Non mi piace che ci sia qualcuno che riceve soldi per fare sensibilizzazione contro Cosa nostra. Purtroppo c'è un tariffario ben preciso applicato a un certo carrozzone antimafia. Ed è qui che nascono i primi problemi”. Perché per Maniaci il punto di partenza di tutto il suo lavoro è soltanto uno. “Bisogna creare una linea di demarcazione fra noi e i mafiosi – dice – Non dobbiamo prendere il caffè con loro e tanto meno li dobbiamo salutare. È fondamentale invece sputtanarli e isolarli. Se riusciremo a fare questo moriranno da soli. Perché è la nostra paura e la nostra riverenza a fare di loro quello che sono. Io stesso ho paura, ma non lo vedranno mai”.
La cosa curiosa è che in una zona ad alta densità mafiosa come Partinico c’è un fermento di rinascita in continua espansione. Oltre a Telejato, infatti, c’è anche LiberaMente, blog di analisi e controinformazione politica dedicato alle vicende partinicesi e raggiungibile all’indirizzo http://www.partinico.info/. Gli ideatori del progetto sono due giornalisti siciliani, Walter Molino e Angelo Vitale. Il primo vive a Roma, dove è caporedattore del portale di scienza e tecnologia Karma-pa.it. Il secondo lavora per un’agenzia di relazioni pubbliche di Milano. Il blog è un archivio in continuo aggiornamento di notizie partinicesi.
Se non suonasse come un sinistro presagio – e conoscendo Maniaci in questo caso le imprecazioni scatterebbero di default – verrebbe da dire che a Partinico ciò che non ti uccide ti rende più forte. Davvero.

Manfredi Lamartina