lunedì 26 gennaio 2009

Mezzosopra 14 maggio 2008

Caro don Totò,

come c'è scritto sull'Ape di mio cugino Angelino, "Dio solo è grande. Ma lo zio Totò neppure scherza". E' per questo che - più brava a parlare con Dio che ad ascoltarlo - preferisco chiedere a Vossignoria qualche saggio consiglio su una questione che mi angustia molto.
Come ricorderà, ho due figliuoli. Per grazia del Signore, tutti e due maschi. Il primo è venuto su che è una meraviglia: alto, robusto, forte, coraggioso e paziente. Insomma, tutto la buonanima di suo padre, don Ciccio detto Arcangelo Michele per la sua incredibile capacità di far trovare gli oggetti smarriti, soprattutto se rubati. Il secondo, Carmelino, invece, mi dà pensieri a non finire. E dire che avevamo cominciato col piede giusto...
Alla nascita, quando abbiamo constatato che era proprio maschio come ci avevano detto quando mi avevano fatto i raggi, urla di esultanza con doveroso bacio del pisellino da parte di parenti ed amici in visita di rallegramenti.
Al battesimo - sedici anni fa, ma lo ricorderà, caro don Totò, come fosse la settimana scorsa - abbiamo avuto l'onore di dargli per padrino e per madrina Lei e la Sua gentilissima Signora Concetta (che prego di salutarmi caramente). Vero è che al processo, due mesi prima di passare a miglior vita, la buonanima di mio marito dichiarò che non vi avevamo scelto appositamente perché a quel tempo Lei risultava ufficialmente latitante; che avevamo pregato il maresciallo dei carabinieri e la sua consorte con cui ci eravamo recati alla Madrice in pompa magna; che avevamo cambiato idea, così su due piedi, perché ci eravamo incontrati con Vossignoria, del tutto per caso, alla dieci minuti prima della funzione, ricevendo una proposta a cui non ci eravamo sentiti di dire no in nome della vecchia amicizia: ma era una dichiarazione del tutto inventata - una minchiata la definì poeticamente l'avvocato di parte civile - e, come tale, fu infatti bollata dai giudici.
Poi mandammo il pupo all'asilo dalle suore: non dalle "Sorelle dell' Esodo avventuroso", quelle con i capelli sciolti al vento e la chitarra al collo, che sembrano animatrici di villaggi turistici e non ci hanno mai dato affidamento, ma dalle "Piissime Serve del sangue sgorgato dalla costola destra del Figlio flagellato e crocifisso", quelle coperte dalla fronte alle dita dei piedi che devono essere più timorate di Dio delle stesse immigrate musulmane che s'incontrano per strada con la testa fasciata. E là non fummo deluse: invece dei soliti catechismi colorati, tutte figure e figurine, dai titoli d'osteria ("C'è sempre qualcuno che paga per tutti") o di luoghi ancor meno nominabili ("Le gioie dell'amore senza limiti"), adottarono un catechismo solido solido scritto personalmente da un papa già santo (Pio IX o X, non ricordo bene): sa di quei catechismi che non si trovano ormai in nessuna libreria delle Paoline e che bisogna ordinare e fare ristampare apposta dall'editore "Piangenti e raggianti"... Insomma, quei bei catechismi di una volta con la domanda chiara e netta (del genere: "Che cosa ci insegna il quarto comandamento dettato sillaba per sillaba da Dio onnipotente a Mosé sul monte Sinai alle 9 e venti del 2345 avanti Cristo ?") e la risposta ancora più chiara e più netta (del genere: "Il quarto comandamento dettato sillaba per sillaba da Dio onnipotente a Mosè sul monte Sinai alle 9 e venti del 2345 avanti Cristo ci insegna ad onorare il padre e la madre in qualsiasi luogo, tempo e circostanza, obbedendo ciecamente a ogni ordine proveniente dalla loro bocca, anzi prevenendolo. Sia che si tratti di padre e madre naturali sia che si tratti di padre spirituale e di madre badessa sia che si tratti di padrini e madrine di battesimo o di cresima").
Dopo le scuole elementari dalle Piisime Serve etc. etc., abbiamo iscritto Carmelino dai Padri Salesiani per fargli frequentare dalla prima media all'ultimo anno di liceo scientifico. Veramente c'era qualche difficoltà perché le classi erano già al completo, ma la buonanima di mio marito - e fu questo l'ultimo regalo che fece con tanto amore alla sua famiglia, intendo alla sua famiglia piccola, prima di cadere sotto il piombo di mano ignota - parlò all'usciere del Sindaco che parlò al segretario del Presidente della Regione che parlò al Primario dell'Ospedale civico che parlò al Provinciale dei Gesuiti che parlò al Guardiano dei Cappuccini delle catacombe di via Cipressi che parlò con so più chi e che, insomma, alla fine, parlò col Direttore dei Salesiani che si dichiarò felice - data la rinomanza del cognome - di fare uno strappo alla regola e di accettare, in soprannumero, il nostro ragazzino.
Ma, caro don Totò, questi e altri innumerevoli accorgimenti (mio marito - Dio l'abbia in gloria e gli dia la pace che non trovò in terra pur avendola distribuita generosamente a tanti suoi amici in lite - lo aveva anche portato con sé a caccia di leprotti e di quaglie in modo che imparasse a familiarizzare con le armi e con il sangue: lui però s'impressionò a tal punto da diventare vegetariano) non sembrano dare i frutti sperati. Forse per il grave lutto familiare o forse per il cattivo esempio di qualche compagno o di qualche insegnante, sta di fatto che a sedici anni Carmelino non dà segni di maturità. Non sembra un picciotto d'onore, anzi neppure un picciriddu d'onore. Non che arrivi a pagare il biglietto del bus quando la mattina va a scuola (lo aveva fatto uno dei primi giorni, a settembre scorso, ma i compagni - giustamente - lo hanno talmente deriso che gli è passata la voglia di fare l'esibizionista) o che paghi la tassa di circolazione per il suo motorino (visto che non c'è l'obbligo di esporre il tagliando come nelle auto), ma ci sono molte - troppe - cose che non vanno.
Innanzitutto da un po' di mesi gli piace leggere. Legge non soltanto manuali e testi scolastici (questo lo capirei: un titolo di studio minimo oggi ci vuole anche per fare l'autista alla Regione siciliana, pensa se uno vuole diventare - come sarebbe nei desideri di famiglia - avvocato o notaio), ma anche romanzi, scritti di psicologia e persino di filosofia. Insomma legge anche libri che non è obbligatorio leggere, che fanno solo perdere tempo e distrarre dalle cose importanti della vita.
Non contento di leggere, Carmelino addirittura ama pensare. Sino a quando aveva nove o dieci anni lo si poteva capire con quella serie di perché e come mai. E' l'età in cui non ci si accontenta di ciò che si è sempre dato per ovvio. Ma è normale continuare così anche a quindici o sedici anni? Non c'è il pericolo di mettere in discussione quello che si è sempre ritenuto vero dalla maggior parte della gente? Non si rischia di diventare pazzi a chiedersi se la morale tradizionale proibisce davvero ciò che è ingiusto e prescrive davvero ciò che è sbagliato? Di questo passo, dove si potrà arrivare? A dubitare dei valori più sacri, dalla centralità della Famiglia come bene supremo da salvaguardare contro gay e conviventi all'onore della Patria da difendere contro i comunisti interni e contro i musulmani dei Paesi canaglia?
Da un figlio che legge e pure pensa c'è da aspettarsi tutto il peggio possibile. Immaginarsi se gli piace perfino scrivere. Ha cominciato con il giornaletto di scuola - dove si diverte a prendere in giro compagni e professori - ma ora si è messo in testa che vuole scrivere anche sul quotidiano che suo nonno porta a casa la sera dal Circolo dei civili. Ma perché non si accontenta dei videogiochi nella play- station e, se proprio vuole socializzare, di qualche scommessa alle corse clandestine di cavalli o alle lotte tra cani? Certo: per ora più di qualche lettera la direttore non gli possono pubblicare, ma che ne sappiamo noi se tra qualche anno passa ad articoli più lunghi? Che ne sappiamo se si espone alla discussione in pubblico delle sue idee, dimenticando che il segreto del successo della nostra famiglia è sempre stato nella fedeltà al detto "la meglio parola è quella che non si dice"? Come possiamo escludere che si capisca da che parte sta, impedendo a sé e ai familiari di schierarsi di volta in volta coi partiti più votati?
Come Le scrivevo sopra, caro don Totò, questo ritardo mentale di Carmelino, che ancora non mostra di concentrarsi sulle due cose che veramente contano in questa valle di lacrime - farsi rispettare anche dai più potenti e avere abbastanza soldi da comprare gli avversari che non si riesce a piegare in altro modo - , non so bene come spiegarmelo. Qui a casa tutti noi, compresa la buonanima di suo padre sino a che fu in vita, abbiamo fatto del nostro meglio. Temo che possa entrarci la cattiva influenza da parte o di qualche coetaneo o di qualche insegnante.
In particolare sospetto di una ragazzina della stessa classe e del professore di ginnastica. Lei, Marilena, è di quelle che camminano o con i jeans attillati o con la minigonna (purché, in un modo o nell'altro, le si noti il fondo schiena), che non sanno mai stare al proprio posto e che, soprattutto, devono mettere lingua su tutto (d'altronde è figlia di divorziati e, come dice il nostro bravo parroco, che ci si può aspettare da genitori divorziati se non drogati e buttanelle?). Pensi che tre settimane fa, in classe, mentre si discuteva di televisione e tutti - compresa la professoressa di lettere che è una buona mamma di famiglia, sposata con un medico dell'Asl, consigliere provinciale dell'Udc per giunta - cantavano le lodi del "Grande fratello" e della "Allegra cugina", la sgualdrinella ha gelato l'entusiasmo con due o tre parole: "Questi programmi sono stupidi e rendono stupidi chi li segue". La cosa ha colpito tanto quell'altro fessacchiotto di Carmelino che è tornato a casa, ci ha raccontato la discussione in classe e ha commentato, come sua conclusione, che se fin da piccolo avesse dedicato le ore sprecate con quella robaccia televisiva ad ascoltare un po' di musica classica o a sfogliare qualche riproduzione di quadri artistici, oggi non farebbe scena muta ogni qual volta gli capita - all'uscita da scuola - di fare strada insieme alla puttanella di Marilena.
Come se ciò non bastasse, ho il sospetto che anche il professore di educazione fisica ci metta lo zampino. Non ricordo il cognome - mi pare Stancanelli - ma è un tipo magro, ossuto, piuttosto alto. Forse uno dei pochissimi che si fa trovare in orario in palestra, fa lavorare effettivamente gli alunni, evita di perdere e di fare perdere tempo prezioso. Anche per questo parla poco. Ma, quando parla, fa danno. Come due mesi fa quando Carlo e Beppe, i due saputelli della classe, mentre facevano flessioni , stavano quasi per litigare discutendo se il fascismo fosse morto per sempre (come pensava Carlo) o se potesse rinascere in forme ancora più feroci (come pensava Beppe). A un certo punto Carlo ha l'idea balzana di fermarsi e di rivolgersi direttamente al professore che continuava zitto zitto a fare le sue flessioni dimostrative: "Ma Lei che ne pensa?". Quel cretino, a quanto poi mi ha raccontato tutto ammirato lo scemotto di mio figlio, invece di farsi i fatti propri, s'è lasciato scappare una delle solite sue frasi che non stanno né in cielo né in terra: "Non può rinascere perché non è mai morto. Il fascismo attuale si chiama mafia".
Mariolina e Stancanelli - o come cavolo si chiama - sono solo due esempi, quasi a caso, che spero rendano bene la gravità delle mie preoccupazioni. Secondo Lei, caro don Totò, cosa posso fare per essere sicura che Carmelino non imbocchi brutte strade e cresca come un vero uomo d'onore? Mi rivolgo a Lei con fiducia totale. Non solo perché di don Totò ne nasce uno per ogni generazione, ma perché ha già dato prova di sapere educare perfettamente i suoi figliuoli, sia i due maschi Nino e Benedetto che la femminuccia Rosalia (di quattordici anni, se non erro). Tutti sanno che, pur non avendo più di sessant'anni in tre, hanno saggezza da vendere anche ai più anziani del paesino: che Lei può andare e tornare dall'America tranquillo e che, perfino se dovesse capitarLe (Dio non voglia!) qualche imprevisto, i suoi ragazzi sarebbero già in grado di afferrare le redini del comando e di mantenerle saldamente. Anzi, sa che mi sta venendo in mente proprio mentre Le scrivo? Che forse, per un primo passo nell'educazione del mio Carmelino, si potrebbe farlo entrare nella comitiva dei Suoi figliuoli. Non c'è niente di più efficace - credo - del buon esempio dei coetanei. E poi non si sa mai: frequentandosi, Carmelino potrebbe innamorarsi della Sua brava Rosalia e - se così piacerà a loro e a Voi tutti - anche sposarla. Se diventa genero Suo, e dunque cognato di due bravi giovani come Nino e Benedetto, non dovrebbe finalmente svegliarsi anche lui?
Mi scusi se, con tanti pensieri che ha in testa, l'ho importunata con questo pizzino. Ho voluto confidarLe le angosce di una povera vedova, sperando in una risposta con tutto il Suo comodo. Ma se non mi dovesse rispondere, capirei lo stesso: sempre chiacchiere di femmina sono.

Agata B.
(vedova di Pino T. detto Arcangelo Michele)

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